Maraviglia delle meraviglie

Osvaldo Carretta
in
MARAVIGLIA DELLE MERAVIGLIE
di e con Stefano Corrina

Tra una sconclusionata affabulazione, una spavalda galanteria ed una istrionesca arroganza, Osvaldo Carretta strano personaggio dai risvolti antichi e decadenti da vita alla sua personalissima rappresentazione. La maraviglia è nella sorpresa che produce a sé stesso.

Attrazione spettacolare di abilità artistiche, eccentriche, circensiche e non solo, della prestidigitazione, dei salti a terra e della strabiliante e inaccessibile sbarra russa. Con l’aggiunta di battute di spirito generiche.

Maraviglia delle meraviglie è soprattutto uno spettacolo d’attore: i «numeri» sono soltanto corredo o pretesto per sostenere il canovaccio, dare vita a lazzi, improvvisazioni e giocate comiche in costante relazione con il pubblico. L’arrivo in scena con la bombetta calata sulle orecchie è da molti riconosciuto come un’esplicito rimando ad un indimenticabile personaggio di Walter Chiari nella parodia dei Fratelli de Rege. Dietro il gioco della maschera l’assunzione di una responsabilità per una tradizione che si rinnova e che continua a dare vita a se stessa.

Scritto e interpretato da Stefano Corrina, lo spettacolo si porta dietro il bagaglio delle costruzioni comiche degli artisti girovaghi della Commedia dell’Arte rivisitati in chiave moderna, coniugandolo con le abilità del circo e quelle dell’improvissazione teatrale.

OSVALDO E IL SUO DOPPIO

Osvaldo Carretta
presenta
OSVALDO E IL SUO DOPPIO
di e con Stefano Corrina

Dopo quindici anni dalla nascita di Osvaldo Carretta e condivisi con lui sulle strade e le piazze d’Italia, dopo i due anni passati assieme ai carrozzoni del Circo Bidone di François Rauline, dopo il contrastato ma rispettoso incontro con Leo Bassi, e soprattutto dopo l’incontro con la psico-bio-genealogia di Antonio Bertoli, Stefano Corrina sceglie un nuovo modo di rappresentare la sua visione del teatro di strada.

Il guitto si ribella, toglie la maschera. Con il gesto dell’agnizione il teatro trova la sua antica funzione. La tradizione dei giullari, dei saltinbanchi, dei commedianti della Commedia dell’Arte si riproduce e si rigenera, “far credere vero il falso e falso il vero” ecco il loro peccaminoso messaggio. Nella confusione di “chi è finzione di che cosa?..” si svela la verità, toglie il velo, per poi “rivelarsi” nuovamente. L’attore non è più protagonista della scena, è semplicemente il fruitore di un accadimento, si lascia accadere. Senza maschera diventa specchio del pubblico per una riflessione sulla maschera che ognuno si trova a portare. La voce di un inconscio individuale parla ad un inconscio collettivo.

Essere un pagliaccio e riappacificarsi con la propria radice genealogica è possibile: “El payaso es una religiòn” (Alejandro Jodorowsky).